20 mar 2007

Mediaset-Telefonica, accordo di riservatezza su Endemol

I vertici di Mediaset erano stati unanimi nel ritenere Endemol una grande occasione per il salto di qualità e oggi l'azienda di Cologno ha comunicato ufficialmente di aver firmato un accordo di riservatezza con telefonica su Endemol. In pratica Mediaset si è impegnata a non divulgare alcuna notizia da oggi fino alla eventuale conclusione dell'operazione.
Dalla Spagna le indiscrezioni continuano ad arrivare e il quotidiano El Pais ha scritto che Telefonica ha invitato le 20 società intieressate a presentare un'offerta entro il 30 marzo. Così Telefonica spera di redigere la sua short-list a metà aprile e vendere il 75% di Endemol entro il mese di maggio. Mediaset è tra i principali concorrenti e probabilmente presenterà un'offerta in tandem con Jon De Mol fondatore della casa di produzioni televisive. Oltre al gruppo italiano ci sono i francesi di Lagardere ma anche De Agostini, Bernard Arnault e l'immancabile Rupert Murdoch. La lista dei possibili acquirenti si completa con alcuni fondi di private equity.
La società fondata da Jon de Mol è quotata alla Borsa di Amsterdam dal novembre 2005, ed ha oggi una capitalizzazione di circa 2,6 miliardi di euro.

11 dic 2006

Bazoli e Modiano pensano alla nascita del Mediocredito Italiano

Giovanni Bazoli ha fatto la sua prima grande uscita ufficiale da presidente del nuovo gruppo Intesa-San Paolo. L'occasione è stata offerta dalla presentazione del volume dedicato alla storia del Mediocredito Lombardo. Proprio quest'istituto potrebbe presto cambiare nome e diventare Mediocredito Italiano come suggertio dal direttore generale Pietro Modiano. Secondo il manager, infatti, con il nuovo piano d'impresa ogni società verrà rispecializzata e proprio in quest'ottica s'inserisce il possibile cambiamento di denominazione. Secondo Bazoli l'istituto deve rimanere coerente con la sua lunga storia e continuare ad essere l'istituto di riferimento per le pmi e le imprese. anche la presenza sul territorio deve essere una stella polare dalla quale non ci si può muovere. Modiano per rafforzare la sua idea ha sottolineato come "il modello di banca attuale, despecializzato, semplice, basata su fabbriche di prodotto e reti di vendita, sta cambiando: è stato preso un itinerario in cui le competenze rischiano. Le famiglie e le imprese chiedono vicinanza, occorre una banca di selezione e di relazione. Ci vuole una rispecilizzazione e Intesa Mediocredito è lo strumento".

4 dic 2006

Per Alitalia due cavalieri bianchi: De Benedetti e Colaninno

Alitalia è in vendita, o meglio viene venduta una quota del 25% in mano al Tesoro. Immediatamente si è scatenato il totoacquirente. L'identikit dell'eventuale "salvatore" italiano porta a due nomi Roberto Colaninno e Carlo De Benedetti. Due nomi che sono di moda ogni volta che a guidare il Paese o alla presidenza di qualcosa (L'IRI ndr) ci sono Romano Prodi e Massimo D'Alema. Con Romano Prodi alla presidenza dell'IRI De Benedetti è andato a prendersi la SME a prezzi non certo carissimi. Il risultato allora fu una vendita veloce agli stranieri di Buitoni, Motta e Alemagna e Pavesi. L'Italia si ritrovò gli strannieri in casa senza accorgersene.
Dopo qualche anno è stato il turno di Colaninno. Il mantoavno di ferro si è presentato come salvatore della patria durante la battaglia lunga e durissima per il controllo di Telecom. Allora alla guida del colosso telefonico c'era Franco Bernabè che sponsorizzava l'arrivo dei tedeschi di Deutsche Telekom. Apriti Cielo! Allora si presentò Colaninno con un folto gruppo di lombardi agguerriti e danarosi. Alla fine questi la spuntarono e si presero Telecom Italia. La imbottirono di debiti tanto che alla fine per molto meno e senza Opa riuscirono a prendersela Tronchetti Provera e Benetton.
Ora c'è chi li vedrebbe bene alla guida di Alitalia. Per quanto riguarda Colaninno l'idea non sarebbe malvagia. Nel frattempo la sua Immsi ha dato dimostrazione ampia di saper risanare e gestire un'azienda campione dell'italianità come Piaggio. Lo ha fatto senza aiuti, con un duro lavoro di ricostruzione e con l'internazionalizzazione del prodotto. Ora Piaggio viaggia da sola e allora una nuova avventura potrebbe essere interessante per Colaninno. De Benedetti ha a disposizione il suo fondo dove doveva entrare anche Berlusconi, ma ha dei limiti. Intanto non può superare la partecipazione massima del 30% con un tetto di 150 milioni, quindi si deve assolutamente creare una cordata. Ma all'Alitalia serve un nuovo padrone e soprattutto servono risorse fresche e chi ha voglia di lottare duramente contro lo strapotere sindacale che fino ad oggi è quello che ha veramente governato la compagnia di banidera. Ne sarebbe capace De Benedetti? Ma soprattutto avrebbe interesse De Benedetti a prendersi un'azienda decotta e riportarla allo splendore dovuto? Oppure ci ritroveremmo di fronte a una vendita repentina, magari con qualche spezzatino?
No la storia ci ha insegnato che non si può, speriamo che non si ripeta.

28 nov 2006

dollaro debole...E se fosse una svalutazione mascherata?

L'euro sta battendo ogni record. Da alcuni giorni è stabilmente sopra 1,30 sul dollaro che sembra arrancare, ma nessuno si preoccupa. Che cosa è successo? Indubbiamente l'economia americana sta dando segnali di cedimento che iniziano ad essere continui tanto che anche la Fed ha bloccato la politica del rialzo dei tassi in attesa di tempi migliori. Tutto ciò non è seguito, però, da dichiarazioni che rassicurino i mercati sul corso futuro del dollaro. E' anche vero che il prezzo del greggio è stabile e non sta subendo grandi strappi, quindi il dollaro non viene favorito neanche da episodi speculativi. Wall Street, vera cartina di tornasole dell'economia americana, dopo la pausa del Ringraziamento ha riaperto ocn flessioni generalizzate per due dati importanti e negativi, il calo delle vendite per il gigante del gdo Wal Mart e la grande massa debitoria di Ford che ha costretto i manager della casa di Detroit a un maxi-prestito per tamponare le falle.
Tutto questo non giustifica, però un dollaro così debole, anche perchè c'è un'economia che va bene e macina utili ed è quella legata alle tecnologie come nel caso di Dell e Google.
C'è dell'altro. Alan Greenspan avrebbe agito con grande tempestività, ma l'attuale goernatore Bernanke sembra preferire la politica del "wait and see" tanto cara alla Bce del compianto Wim Duisemberg. Se è vero che l'Europa e in particolare l'Italia, non può più contare sulla svalutazione competitiva c'è chi pensa che lo stia facendo Washington. Non è una via ufficiale, non ne ha parlato alcun esponente della Fed o dell'esecutivo, ma i dati sono chiari. Sono ancora più chiari se si analizza il corso dei titoli legati al lusso in Europa. Luxottica, Bulgari, Ppr ed altri hanno visto le quotazioni scendere proprio da quando è stato chiaro che non ci sarebbe stato alcun intervento per sostenere il dollaro. Questa politica monetaria difensivistica da una parte favorisce tutti perchè eventuali oscillazioni del prezzo del greggio non si andrebbero a ripercuotere immediatamente sulla bolletta energetica, almeno fino a scostamenti in pi del 1%, ma dall'altra frena l'export verso il mercato nordamericano da sempre considerato uno dei propulsori dell'economia globale. Chi potrebbe essere favorito è il sistema produttivo cinese che comunque ha già visto una battuta d'arresto nell'export verso gli States.
Ora tutti attendono le prossime mosse di Bernanke. Se continuerà il silenzio-assenso, allora si potrà discutere con più certezza di una politica monetaria difensiva e attenta al mercato interno con tutte le connotazioni negative per l'area Euro e Yen in particolare.

27 nov 2006

Sergio Marchionne dichiara amore eterno a Fiat e non solo

dalla rivista Economia&Mercato
Sergio Marchionne ha portato innumerevoli novità in Fiat, ha rivoltato la catena di controllo interna, ha cambiato tutti i manager principali o quasi, ha riportato l’orgoglio di essere Fiat e da qualche tempo anche nell’abbigliamento ha dato il suo tocco personale presentandosi spesso in maniera informale. Questa volta ha scelto la sua Svizzera per dare un altro strappo con il passato. Alla Camera di Commercio italo-elvetica di Zurigo, ben conosciuta per le sue lunghe frequentazioni prima come guida di Alusuisse e poi di Lonza, si è presentato in maglione blue senza giacca per parlare di Fiat e del suo futuro. Ha scelto Zurigo per ricordare il Marchionne-pensiero, durissimo che prevede una continua ricerca di prodotto anche nel periodo di massimo successo per quello appena uscito. Agli imprenditori e manager svizzeri ha ricordato le tappe del rilancio di Fiat. Ha confermato che nel 2010 le auto prodotte saranno circa 2,8 milioni e 3,5 se si considerano anche le numerose joint-venture avviate e quelle possibili nel prossimo futuro. Poi marchionne parla la presente e sottolinea la grande importanza di avere un management compatto, un ottimo piano industriale, ottimi rapporti con i lavoratori e le organizzazioni sindacali, ma soprattutto la rivoluzione portata avanti per quanto riguarda la qualità del prodotto e il rapporto con la clientela. Al termine dell’incontro ufficiale Marchionne non si è voluto sottrarre alle inevitabili domande di manager e giornalisti sul futuro di Fiat. Secondo Marchionne “Fiat è uscita dal momento più difficile della sua storia.Ora per il futuro sono ottimista e ritengo che se nel futuro si parla di 5 0 7 competitor mondiali dell’auto sono certo che uno di questi sarà la Fiat”. Naturalmente molti erano curiosi di conoscere il futuro dal punto di vista delle alleanze o addirittura di una fusione di Fiat. Anche qui il numero uno del Lingotto ha ribadito, “le alleanze le faremo ancora in modo mirato. Abbiamo annunciato tredici accordi dal febbraio 2005, di cui dieci per lo sviluppo dell'auto. In futuro saranno ancora alleanze mirate, per lo sviluppo di piattaforme, per la presenza in alcune zone geografiche, per l'invasione di mercati che non conosciamo. Ma il grande deal, la grande fusione tra la Fiat e un’altra società, questa proprio non credo sia probabile”.Fiat, secondo Marchionne, avrà un futuro internazionale me con il cuore pulsante che rimarrà, anche nel futuro, tutto italiano “l’essenza della Fiat non vogliamo certo perdercela, quindi su questa base si continua a lavorare”. Ci tiene a ricordare che nel 2004 aveva promesso di non chiudere stabilimenti e l’ha mantenuta, mentre Fiat ha addirittura invertito la tendenza tornando ad assumere ma soprattutto è uscita dalla crisi senza ottenere aiuti speciali ad hoc da parte dello stato. Questo risultato è stato possibile grazie anche al forte aumento delle vendite che hanno posto il Lingotto al 31% della quota di mercato in Italia e all’8% in Europa. Secondo l’ultimo piano industriale presentato a novembre l’obiettivo al 2010 è quello dell’11% in Europa. Il momento più importante della conferenza improvvisata riguarda il futuro di Marchionne. Alla domanda precisa sul proprio futuro il presidente di Fiat dichiara amore eterno alla casa torinese sottolineando che non ha intenzione di allontanarsi da Torino e che questo sarà il suo ultimo incarico lavorativo. Un ultimo capitolo è riservato all’Iveco che, “rimarrà nella famiglia Fiat, se vi sono altri gruppi che si vogliono muovere nel comparto, lo facciano pure, la nostra linea non cambia”.Fiat, intanto, continua a mantenere un trend di crescita per quanto riguarda le immatricolazioni nonostante il mercato sia in Europa che in Italia stia scontando un periodo negativo o, comunque, di relativo fermo. Le auto del Lingotto piacciono e cresce l’attesa per il debutto della nuova media di Fiat, la Bravo che è piaciuta molto agli esperti che l’hanno potuta vedere nelle prime foto ufficiali. anche la Linea, la berlina costruita in turchia, è stata promossa ed ora verrà venduta anche in Spagna e c’è chi comincia a credere che possa arrivare anche in Italia durante il 2007 per concorrere con alcune auto vendute a basso costo.

Il grande risiko delle banche popolari

dalla rivista Economia&Mercato
L’Italia delle banche popolari si sta muovendo con grande rapidità. Il tessuto operativo degli istituti di natura popolare, infatti, li porta ad essere banche tradizionalmente ricche, influenti e con grandi possibilità di sviluppo. Dopo l’era delle grandi concentrazioni che ha visto le big accasarsi una dopo l’altra con l’esclusione di Capitalia ed MPS, ora è l’inevitabile turno delle popolari. I primi e riusciti tentativi sono stati fatti da Popolare di Verona e Novara che hanno dato vita ad un colosso vero e proprio e dalla BPU che però manca ancora di smalto.Ora è il turno di Popolare di Milano e Bper. Ambedue si guardano come possibili partner ma non si decidono a muovere perchè non si riesce a capire chi è la preda e chi il predatore. Milano ha provato a girare il proprio faro su altre entità come Popolare Italiana e Intra ma con scarso successo. Ora si ritrova a dover trovare un partner. Qualcuno si pone sempre la domanda se ciò sia necessario o meno. Ormai è chiaro che piccolo non sempre è bello. Lo hanno capito le banche di credito cooperativo che rimangono istituti di credito territoriali ma che offrono servizi in rete identici per tutti. Questo sistema non è riuscito a svilupparsi per le popolari. Le cause sono molteplici. da una parte c’è la grande voglia di unione che ha visto vari movimenti, dall’altra la gelosia quasi di campanile e quindi la mancanza di determinazione nelle fusioni interregionali. Insomma è stato più facile unire la Bper agli istituti sardi che tentare un’intesa con vicine importanti come la Lodi, prima che diventasse Popolare Italiana, o la PopMilano. Ma il vero problema delle popolari rimane il sistema di voto nelle assemblee. “Una testa, un voto” questo è il motto, molto valido un tempo ma che oggi dimostra tutti i propri limiti. E’ vero che per quelle popolari in mano a grandi gruppi non ci sono stati mai problemi insormontabili, ma diversi investitori hanno rinunciato alla battaglia per non dover poi “combattere” con i piccoli soci attaccati al territorio.L’unica strada percorribile rimane quella dell’Opa totalitaria ma non tutti ritengono necessario investire per la conquista. Veneto Banca, ad esempio ha utilizzato il metodo federativo facendo rimanere la testa operativa ad Intra senza scossoni che avrebbero potuto innervosire i piccoli azionisti. L’Europa ha più volte chiesto di intervenire ai vari governi ma non ha mai ricevuto una risposta e quindi McCreevy ha annunciato ripetutamente l’apertura di un dossier proprio sul voto capitario. Ma anche nella UE c’è chi spinge per tirare il freno, ad esempio la Francia e la Germania che hanno sistemi simili rispettivamente con le popolari e le Landsbank. Sarebbe effettivamente più rapido un intervento legislativo che differenzi i sistemi di voto in assemblea tra istituti quotati e non, oppure che obblighi ad una trasformazione in Spa con la creazione a monte di una società o una Fondazione con in mano il portafoglio di azioni.

23 nov 2006

La politica alla scoperta di Alitalia-Air France

Le due compagnie si sono scambiate una partecipazione minima. Da tempo flirtano, ma ancora nesusno dei due ha fatto un passo in avanti. Nicchiano in attesa di capire la mossa dell'altro. Questa guerra dei nervi ha snervato Romano Prodi che proprio alla vigilia dell'incontro bilaterale Italia-Francia ha deciso di scendere in campo con un'intervista a Le Figaro. Il governo italiano ha la necessità di trovare una sistemazione ad Alitalia e in tempi piuttosto stretti. I bilanci della compagnia sono molto magri, pericolosamente vicini al collasso. Giancarlo Cimoli ha avuto l'incarico di preparare l'ennesimo piano di rilancio entro tre mesi all'interno del quale molto probabilmente si dovrà anche indicare l'identikit del partner industriale e finanziario della compagnia. All'interno della maggioranza di governo c'è chi lavora apertamente per il matrimonio con qualche grande compagnia asiatica (Francesco Rutelli e Massimo D'Alema), mentre il premier è rimasto, almeno fino ad ora, fedele all'idea europeista di nozze continentali, magari con Air France. Ma nell'intervista Prodi ha fatto capire di essere nervoso e ha dichiarato di essere dubbioso sulla compagnia francese e di voler sapere con precisione cosa vuole fare Spinetta, "se vuole creare una grande gruppo europeo di trasporto aereo all'interno del quale anche Alitalia avrà il suo ruolo, oppure vuole conquistare il mercato del trasporto passeggeri italiano piuttosto ricco". Questo il quesito stizzito di Prodi.
La risposta è arrivata a stretto giro di posta da parte del presidente di Air France-KLM, Jean Cyrille Spinetta. Secondo il manager le tappe non si possono bruciare e prima bisogna capire se "il piano di risanamento di Alitalia è in grado di riportare la compagnia all'equilibrio economico, in secondo luogo se c'è una condivisione di strategie sul futuro, e nel caso questi primi due punti abbiano un esito positivo, quali sarebbero le sinergie che potrebbero emergere da un'integrazione". Un timing preciso e Spinetta ha anche sottolineato che questi punti sono stait discussi e condivisi con il management di Alitalia.
In Borsa tutti credono in un prossimo matrimonio e, secondo gli umori degli investitori e dei trader, l'ipotesi orientale è sicuramente più affascinante di quella parigina. Ma Prodi sarà d'accordo?